ALLUVIONE A MODICA
Una notte di cento anni fa, gli abitanti di Modica si svegliavano di soprassalto, senza sapere cosa stesse succedendo, senza sapere cosa fare, impauriti e in preda ai mutevoli ed imprevedibili eventi atmosferici. Un temporale incessante si stava abbattendo sulla città con un'intensità da catastrofe. Era il 26 settembre 1902 ed era la notte della grande alluvione: 20 minuti che cambiarono la città e parte della sua storia. Il 25 settembre si erano creati una depressione barometrica sulla Tunisia e pressioni elevate nell'Europa centrale: questi due eventi, congiunti, provocarono piogge torrenziali su tutta la Sicilia sud-orientale tra il 25 e il 30 settembre. Nella stazione pluviometrica di Giarratana, la più vicina a Modica, si registrarono, tra il mattino del 25 e il mattino del 26 settembre, 395 millimetri di pioggia. La bufera fu, in alcuni momenti, così intensa, da far parlare i testimoni del tempo di "veri filetti liquidi cadere dal cielo".
A Modica, il cui centro abitato era ancora attraversato dai torrenti a cielo aperto, l'effetto fu devastante. Intorno alle 4.20 del mattino i corsi d'acqua cominciarono ad ingrossarsi; alle 4.30 i torrenti erano già straripati e raggiungevano il metro di altezza dal livello della strada; alle 4.40 l'acqua arrivò al primo piano delle abitazioni collocate lungo gli argino dei torrenti; alle 5.00 la piena era cessata, un rigagnolo scorreva negli alvei e rimaneva solo fango, tanto fango sulle strade. La piena aveva trascinato con sé ogni cosa, aveva distrutto le abitazioni più povere, inondato i palazzi e sradicato gli alberi, scoperchiato i tetti delle case più basse, distrutto la fognatura, la rete idrica e i ponti su torrenti. Gli abitanti furono colti nel sonno. Centododici le vittime e danni per due milioni di lire di quegli anni: il disastro era immane.
Nella Via Dione (l'attuale Via Marchesa Tedeschi), tre case furono del tutto sradicate; Palazzo Galfo, trovandosi di fronte al corso del torrente, laddove l'alveo si incurva, fu investito dalla piena che lo inondò completamente lasciando un metro di fango al primo piano; nella Via Santa, poi soprannominata via Maledetta, che si trovava ad un livello più basso rispetto ai marciapiedi lungo gli argini, perirono ventitré persone; nelle campagne alcuni terreni furono dilavati dall'intensità della pioggia e riportati a nuda roccia. Questi solo alcuni degli esempi di tanta distruzione. Per la città si trattò di una grave perdita, non solo umana e materiale, ma anche economica. Così, le scene di disperazione per la perdita di affetti e averi, lo straziante riconoscimento di cadaveri dissotterrati dal fango e portati nelle chiese o giunti con carri dalle spiagge dei paesi limitrofi dove la piena li aveva trasportati, lasciarono presto il posto alla ricostruzione.
Circa cento attività commerciali che fiancheggiavano il Salone, ovvero il Corso Umberto, erano andate distrutte e la merce dispersa, i mulini costruiti in prossimità dei ponti e pieni di frumento avevano fatto la stessa fine, le coperture degli alvei, già iniziate dopo l'alluvione meno catastrofica del 1833, erano state abbattute, le campagne allagate. Bisognava ricostruire una città e la sua economia. Ma Modica non fu sola nella sventura. Alle locali compagnie di carabinieri e soccorritori volontari, che per giorni scavarono instancabilmente nel fango, si aggiunsero squadre degli eserciti di Messina e Siracusa, da Quest'ultima arrivarono carichi di pane per i disastrati, il prefetto fu subito sul posto per coordinare le operazioni. Ma furono i giornali nazionali e locali a creare una forte eco attorno alla vicenda: La Stampa, il Corriere della Sera, La Domenica del Corriere, Il Secolo Illustrato, La Tribuna Illustrata, l'Ora, Il Sole del Mezzogiorno, La Sicilia, il Giornale di Sicilia portarono in prima pagina una Modica distrutta ma anche un po' irreale (450 le vittime secondo alcuni corrispondenti e Modica città di gondole secondo alcuni disegnatori), e nel fornire i particolari più minuziosi intorno alla vicenda incollarono alle proprie pagine migliaia di lettori in tutta Italia; scattò ben presto una gara di solidarietà per alleviare le perdite e i disagi di chi era stato colpito dalla forza della natura negli affetti e negli averi e furono così organizzate sottoscrizioni, cortei pro-Sicilia e pro-Modica e passeggiate di beneficenza.
Le offerte volontarie (ottocento mila lire del tempo pari a circa venticinquemila euro) permisero un immediato sollievo per i più colpiti, mentre allo slancio generoso delle città di Milano e Palermo si deve la nascita di un quartiere per i senzatetto che dalle due benevole città prese il nome. In un secondo momento arrivarono anche gli aiuti dello Stato che permisero la ricostruzione degli argini e la copertura definitiva degli alvei che, se tolse a Modica la caratteristica conformazione di una Venezia del Sud, la resero certamente più sicura e più pulita. In un periodo in cui cominciava a nascere il concetto di opinione pubblica e in cui si dibatteva la questione meridionale, la tragedia di Modica si presentò come un emblema e la solidarietà che arrivò da ogni parte d'Italia dimostrò quanto sentito era il concetto si Nazione, tanto da far esclamare al milanese Ottone Brentari, corrispondente del Corriere della Sera: "E sia meno maledetta anche la sventura se essa servirà a farci amare e conoscere di più tra fratelli e fratelli!"
Grazie Consigliere Migliore, Modica non ha capito un cazzo.Gli alluvioni si ripeteranno e noi come coglioni resteremo a guardare. Veda che io sono stato in due riunioni tenuti alla vignazza, e oltre ad non esserci nessuno degli interessati,il momento è stato solo per una passerella politica del Sindaco, degli assessori in carica e degli ex assessori che hanno grandi interessi. Chi è il progettista capofila dell'opera? Chi sono i tecnici? Quant'è la parcella di questi signori?
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