E’ dal lontano 1908 ch’esiste in Italia la legge sulle costruzioni delle case economiche e popolari eppure, a volte, si registrano situazioni che autorizzano a pensare che relativamente a questa problematica di grande rilevanza sociale, ci si trovi all’anno zero.
Da sempre giustamente, le norme che hanno regolato le assegnazioni di alloggi popolari, hanno tenuto conto delle particolari condizioni socioeconomiche degli assegnatari, che proprio per il loro status acquisivano il diritto a beneficiare di tali alloggi, anche se nel corso dei decenni, non sono certo mancati casi di soggetti (spesso illustri e ricchi) che si sono avvalsi di tale opportunità, pur non avendo nulla a che spartire con situazioni di disagio economico o d’indigenza, ma che in virtù di loro addentellati politico-clientelari, riuscivano a scalare le graduatorie degli aventi diritto che subivano lo scavalcamento, in barba ad ogni norma di trasparenza. Ma questa è un’altra storia che attiene alle degenerazioni della politica nel nostro Paese.
Premesso che una società civile è degna di tale nome nella misura in cui sia regolata da norme che regolano i rapporti tra gli enti pubblici, le Istituzioni ed i cittadini, perché altrimenti si vivrebbe in una condizione di anarchia, probabilmente in questa materia, varrebbe la pena di considerare con maggiore attenzione lo spirito di fondo che genera i rapporti tra l’istituto autonomo case popolari e gli aventi diritto ad abitare gli alloggi.
Negli ultimi mesi, l’istituto proprietario di queste case, ha adottato, dopo decenni di assoluto lassismo, una politica di rigore alla quale non può che darsi il benvenuto perché finalmente affronta una serie di questioni che conferiscono chiarezza ai rapporti tra l’istituto ed il cittadino e che pongono fine a probabili abusi maturati nel tempo anche per l’inefficienza che ha caratterizzato la gestione dell’ente in passato, ma come spesso accade in Italia, detta politica di nuovo rigore, ha prodotto anche situazioni di reale difficoltà a quelle famiglie che non certo per menefreghismo, ma per oggettiva impossibilità ad assolvere al proprio dovere circa il pagamento dei canoni, si sono viste notificare il provvedimento di sfratto.
Quello che sarebbe auspicabile è che, ferma restante la legittima politica di rigore, possa gestirsi da parte dell’ente una sorta d’attenzione umanitaria, volta a scongiurare un aggravarsi delle già precarie condizioni socioeconomiche di alcune persone.
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