L’OSSERVAZIONE DAL BASSO………………………….. DI DIRETTORE “LA POLITICA ITALIANA TRA POLEMICA E FAZIOSITA’” scritto il 4 ago 2010 nella categoria: Senza categoria Pubblicata alle ore 18:01:32 -
E’ innegabile che viviamo in un clima sociale e politico molto surriscaldato. Siamo un Paese in cui si può dire e fare, in nome della libertà, tutto quel che si vuole. Può accadere che la politica fa commissioni di inchiesta per accertare la verità di fatti giudiziari, che giornalisti possano trasformarsi in magistrati e che magistrati possano trasformarsi in politici, che un governo cada nel delirio di onnipotenza e che una opposizione cada nella demagogia ostruzionistica fine a se stessa. Sono in molti coloro che , di fronte ad un quadro così inquietante, si sono ritirati nel loro orticello. Hanno fatto bene? A lungo andare direi proprio di si. Il nostro è il Paese delle polemiche. E dobbiamo sentirci anche dire da tutti che “la polemica è il sale della democrazia”. Ma di quale sale parliamo! Basta un po’ di filologia per capire che il termine polemica deriva dal greco “πολεμικός” che significa “attinente alla guerra”, e designa quindi una sorta di guerra, per lo più verbale, condotta contro un avversario detto bersaglio della polemica. Oggi centrodestra e centro sinistra sono attori di una polemica bilaterale che ha i toni e i contorni della diffamazione vergognosa, della delegittimazione e dell’abbat-timento. Altro che sale, altro che apologetica! Altro che cosa di cui vantarsi! La fiducia dei cittadini è al collasso. Gli italiani sanno che non ci potrà essere un “Governo dei migliori”, perché hanno intelligentemente alternato tra centrosinistra e centrodestra, ma la musica non è cambiata. In realtà questa potrebbe essere un’analisi qualunquista, superficiale,ma in fondo coglie un nucleo di verità Quale? Che non si riesce a governare non tanto perché mancano le strade per risolvere i problemi strutturali del Paese, ma perché nella politica è entrato il virus della polemica, della faziosità e della mancanza di obiettività. Se gli onn. Di Pietro e Granata ci bombardano per lasciarci intendere che siamo governati da un “pugno di mafiosi” e poi l’Aula parlamentare approva all’unanimità un Codice antimafia, c’è qualcosa che non funziona: possono dei mafiosi redigere e approvare qualcosa che è contro di loro? Ci dicono che pezzi dello Stato ostacolano indagini sulla mafia, e poi sentiamo che le forze dell’ordine in questi due anni hanno sequestrato beni alla mafia per circa 12 miliardi di euro e che hanno arrestato 26 latitanti della mafia, della camorra e della ‘ndragheta. Ci dicono che l’Italia è l’unico Paese anomalo a causa del conflitto di interessi del Premier, e quando Prodi, D’Alema e Bersani governavano questo conflitto non l’hanno voluto togliere. Ci dicono che in Italia c’è la dittatura e il bavaglio all’informazione, e poi tutti i quotidiani nazionali scrivono di scandali, di corruzione, di escort, di consorterie e regalie, pubblicano intercettazioni e avvisi di garanzia senza che ancora gli interessati siano stati avvertiti direttamente? E gli esempio potrebbero continuare. Insomma, abbiamo capito che la politica è diventata una “resa di conti”, il “passatempo del gossip”, il luogo della faziosità più becera. Questo è ciò che disgusta! Oggi è in corso una deriva politica verso il settarismo carismatico. Mi avvalgo di un parallelo con la religione. Le sette sono gruppi che si separano da una religione ufficiale, per mettersi alla sequela di un capo carismatico. Mentre nella religione ufficiale è la “dottrina di salvezza” e non il leader religioso l’elemento coaugulante, nelle sette si innesca un sistema di faziosità, nel senso che prevale l’intransigenza assoluta del capo religioso che propone la sua tesi fino all’intolleranza e al fanatismo e che i seguaci devono seguire fedelmente. Chi non ci sta, viene cacciato. La politica italiana vive in un quadro di “settarismo fazioso e di polemismo”. La stessa sostituzione dei simboli dei partiti deve far riflettere in questo senso. Nella prima Repubblica si diceva io voto “Democrazia cristiana”, Partito socialista, Partito comunista, Partito liberale, social demo-cratico e repubblicano, Movimento sociale, oggi si dice io voto Berlusconi, Fini, Casini, Rutelli, Bersani, Di Pietro. Una volta si parlava di democristiani, socialisti, comunisti, fascisti, socialdemo-cratici, liberali e repubblicani , oggi si parla di berlusconi-ani, finiani, casiniani, bersaniani. Ad onor del vero, solo il PD ha, in questo senso preso le distanze, se è vero che nel suo simbolo non compaiono nomi di leader, anche se nei fatti però esistono pure loro. Questa personalizzazione della politica ha fatto sì che oggi non ci sono più “politici di parte”, cioè che interpretano i bisogni del Paese “dalla loro parte”, cioè dal loro punto di vista culturale, politico, progettuale, ideale per cui appare cosa normale che vi sia una maggioranza e un’opposizione in un Paese, ma “politici faziosi e polemici” che tendono a abbattere i “capi carismatici” con tutti i mezzi, sia i capi che governano, ma anche quelli presenti all’interno dei partiti: Prodi venne abbattuto due volte dai “leaders carismatici” della sua stessa maggioranza e il centrodestra strumentalizzò; oggi Berlusconi tende ad essere abbattuto dal “leader carismatico” Fini e l’opposizione specula. Nel PD si è abbattuto un leader ogni anno: Rutelli, Veltroni, poi Franceschini, poi Bersani. Il leader comunista Ferrando è riuscito ad abbattere Bertinotti e sono scomparsi i comunisti dal Parlamento; la leader dei Verdi Francescatto abbattè il suo rivale Pecorario Scanio. Il leader Casini ha cacciato tutti i suoi colonnelli : Giovanardi, Tabacci, Baccini, etc.. E’ proprio questo virus settario e polemico, a mio modesto giudizio, che blocca il meccanismo della politica e fino a quando non si spersonalizza la politica e ritornano in campo persone di spessore, non faziose, ma intellettualmente oneste e con una legittima visione di “parte” (quella che una volta veniva chiama”ideologia”) ci aspettano tempi ancor più difficili. A chi si è già ritirato nel proprio orticello non gli resta che guardare e sperare nella provvidenza!
Commenti
* Giorgio Zaccaria 4 agosto 2010 alle 20:26
Quello che non si riesce a trovare è la via di mezzo. Abbiamo movimenti carismatici in cui fino a poco tempo fa era vietato contestare il capo. Le contrapposizioni al loro interno, di cui oggi le cronache politiche sono piene,guarda caso sono iniziate quando il movimento cominciava a prendere le sembianze di un partito vero. Cosa inversa, invece può dirsi del Pd,la cui ciritica principale che le viene rivolta è quella che i suoi componenti litigano continuamente, e che, probabilmente ciò è dovuto alla mancanza di un leader vero. Mi trovo assolutamente d’accordo che bisogna ritornare alla ricerca del bene comune, senza rincorrere continuamente il consenso popolare che, quasi sempre, da risultati immediati ma privi di effetti strutturali. E’ la società che deve cambiare, e questo compito non può essere lasciato alla politica che ad essa é speculare, ma a tutti gli uomini di cultura e intellettualmente oneste che hanno voglia di contribuire alla crescita di una società civile. Se cambia la società, cambierà sicuramente la politica e l’azione dei suoi governanti perchè questi non sono altro che la loro espressione. * verità 4 agosto 2010 alle 21:02
…sperare nella provvidenza equivale a volte a darsi per vinti…i Malavoglia traevano il pane quotidiano dalla loro barca “Provvidenza” appunto, non sempre andava bene…se non ricordo male…comunque, se togliessimo i leaders carismatici e parlassimo di due partiti che si alternano al governo con programmi chiari e la direzione di due persone oneste collaborate da persone che credono nell’onestà… magari qualcosa di diverso potrebbe succedere…qualcuno l’ha detto sicuramente…io passo solo il messaggio. * * Giovanni Migliore 5 agosto 2010 alle 1:07
Con stima sento di complimentarmi con l'autore del pezzo poichè è riuscito in poche righe a descrivere ed attualizzare un processo politico già presente nel grand lavoro di Lipset pubblicato nel 1960 The Political Man dove aveva sostenuto che un certo livello di apatia fa bene alla democrazia. La non-partecipazione può essere un segno positivo di consenso con chi governa e viceversa una crescita della partecipazionepuò indicare scontento politico e disintegrazione sociale. In uno studio di Crozier si dice che la crescita della partecipazione avrebbe portato ad una crisi della democrazia caratterizzata da disintegrazione dell'ordine civile. L'evolversi della società ha portato a fare svolgere alla politica un ruolo di mediazione piuttosto che esercizio di autorità e quindi il nuovo carattere democratico viene assicurato dalla diversità degli interessi presenti nella società e dalla molteplicità dei gruppi che li rappresentano ( Sola 1996,221) A mio avviso la politica negli ultimi decenni è riuscita a narcotizzare l'impegno civico e ad avviare un processo di mediatizzazione della stessa. In uno scritto di Sartori (1999)si dice che la televisione ha trasformato l'homo sapiens in homo videns e l'homo vidensè homo ludens cioè interessato più al gioco che alla conoscenza.
Oggi assistiamo alla spettacolarizzazionedella politica. ........quindi....... La televisione ha favorito la personalizzazione della politica.
Grazie per avermi dato la possibilità di rifrescare qualche testo della libreria. Con stima, giovanni migliore.
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