Non si insegna né ciò che si sa, né ciò che si vuole, ma solo ciò che si è. Jean Jaures ----------------------------------------------------------------------- All'Associazione Cometa di Verbania, a LAURA SEMBOLI (per avere una risposta alla Vostra domanda basta chiedere ad un Bambino down). In quanto a corna, Voi siete sicuramente dei maestri, se non erro il Vostro Senatur dice che fra gli avi annoveraTe i Vichinghi. ----------------------------------------------------------------------- A Stefania Piazzo. Lei insiste a citarci con i commenti dei Suoi lettori, sono anche questi manipolati e strumentali? Non riesco a capire perchè sono solidali con Lei. Non si può intimorire o intimidire nè una mente libera né una mente vuota, e io sono sicuro che Lei appartiene alla prima, ma voglio fare il verso al Suo titolo TENIAMO A MODICA DISTANZA GIORNALISTI DI RIM.....PIAZZO! ----------------------------------------------------------------------- Tratto dalla vita di San Francesco, che per amore verso gli animali non è secondo a nessuno.
L’amore del prossimo, fondamentalmente, è sempre subordinato da San Francesco all’amore di Dio e alla sequela Christi, all’imitazione della vita di Gesù quale appare nei Vangeli. L’affetto per gli altri, e in particolare per i deboli e gli ammalati, è una conseguenza di quell’amore e uno strumento attraverso il quale esso si concretizza. Quindi, a San Francesco stavano certo a cuore i lebbrosi e i modi per alleviare le loro sofferenze; ma più a cuore ancora gli stava il salvare le loro anime; e a cuore supremamente l’affermare l’amore di Dio attraverso un servizio d’amore per il prossimo e di costante disprezzo di sé.
Dunque,addivenne una volta, in un luogo presso a quello dove dimorava allora santo Francesco, li frati servivano in uno ospedale a’ lebbrosi infermi; nel quale era un lebbroso sì impaziente e sì in comportabile e protervo, ch’ogni uno credeva di certo, e così era, che fusse invasato dal demonio, imperò ch’egli svillaneggiava di parole e di battiture sì sconciamente chiunque lo serviva, e ch’è peggio, ch’egli vituperosamente bestemmiava Cristo benedetto e la sua santissima madre Vergine Maria, che per nessuno modo si trovava chi lo potesse o volesse servire? Santo Francesco se ne viene a questo lebbroso perverso; e giungendo a lui, lo saluta dicendo: "Iddio ti dia pace, fratello mio carissimo". Risponde il lebbroso: "Che pace posso io avere da Dio, che m’ha tolto pace e ogni bene, e hammi fatto tutto fracido e putente? "
Alla replica di Francesco, che appare volutamente manierata (le malattie servono per la salute dell’anima, eccetera), il lebbroso ribatte con superbia, affermando fra l’altro che i frati non hanno per lui quelle attenzioni che dovrebbero (il che era vero: e non stupirà nessuno). Francesco si dispone allora alla lotta, che appare più dura del previsto. Si ritira in orazione, poi torna dal lebbroso e, per così dire, gli si consegna legato mani e piedi: gli promette cioè che lo servirà personalmente, e subito, e farà tutto quel che vorrà. Gioia feroce del poveraccio: finalmente un modo per mettere definitivamente alla corda quell’insopportabile ipocrita e smascherarne la carità penosa. Gli proporrà il peggio; e, se- com’è logico – il frate arretrerà ( -frate-, diciamo, cioè -fratello-: tale era il componente di una qualunque fraternitas), allora gli rovescerà addosso tutto il suo veleno; e se poi quello sarà così devotamente stupido da piegarsi ai servizi ributtanti che gli verranno richiesti, tanto meglio. Così, in una volta sola, ci sarà da prendersi bella vendetta di Dio, delle piaghe e dell’insopportabile compassione dei sani:
"Io voglio che tu mi lavi tutto quanto, imperò ch’io punto sì fortemente ch’io medesimo non mi posso partire". Allora santo Francesco di subito fece inscaldare dell’acqua con molte erbe odorifere, poi sì spoglia costui e comincia a lavarlo con le sue mani, e un altro frate metteva sull’acqua. E per divino miracolo, dove santo Francesco toccava con le sue sante mani, si partiva la lebbra e rimaneva la carne perfettamente sanata. E come s’incominciò la carne a sanicare, così s’incominciò a sanicare l’anima; onde veggendosi il lebbroso cominciare a guarire, cominciò ad avere grande compunzione e pentimento de’ suoi peccati, e cominciò a piangere amarissimamente; sicchè mentre che’l corpo si mondava di fuori della lebbra per lo lavamento dell’acqua, l’anima si mondava dentro del peccato per la contrizione e per le lacrime.
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