> In merito a quanto deciso dalla Giunta Comunale di Modica, in relazione al pessimo stato in cui versano le strade dell'intero territorio Comunale, mi permetto di far presente che probabilmente stanno sottovalutando il problema, anche sotto l'aspetto penale, voglio solo ricordare ai nostri amministratori o tecnici comunali, in merito al custode del bene demaniale "STRADE COMUNALI" che l'art 40 c.p. testualmente stabilisce che "non impedire un evento,che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo."
Amministratori, cercate di trovare una soluzione che non sia quella di nominare una commissione che stabilira' se si e' fatta l'autocertificazione, le foto, se sono intervenuti i Vigili Urbani, che in questo caso potrebbero tutelare un bene di cui fanno parte, verificare questo, verificare quello, forse non vi rendete conto che se si fa male qualcuno, risponderete a qualcuno che vorra' sapere, cosa avete fatto per impedire cio' che è successo, ma voi siete tranquilli avete nominato la Commissione. Per chi e' curioso della problematica in merito alla responsabilita' delle strade, allego un piccolo promemoria, stilato non dal sottoscritto, ma da persone competenti, che hanno analizzato il problema sotto vari aspetti, di cui allego solo la parte che in questo caso ci puo' riguardare piu' da vicino. "BUON LAVORO"
Con riguardo al demanio stradale, l'applicabilità dell'art. 2051 C.c. è stata per lungo tempo esclusa solo per quelle strade in relazione alle quali, per la loro estensione, per le loro caratteristiche, per le dotazioni e i sistemi di controllo che le connotano, l'esercizio effettivo del controllo da parte dell'amministrazione (o dell'ente al quale la strada è affidata) sia inesigibile. L'addio alla peculiare figura del pericolo demaniale si deve, principalmente alla Corte di Cassazione che, con due sentenze del 2006 (48) ha espunto la nozione di insidia e trabocchetto dal novero degli elementi costitutivi della responsabilità della P.A. e ridato vigore al presupposto normativo (la custodia) di applicazione della responsabilità oggettiva di cui all'art. 2051 C.c. La giurisprudenza ha affermato che il controllo continuativo delle condizioni dei beni demaniali rientra negli obblighi (istituzionali) di manutenzione ordinaria, dai quali l'ente locale non può esimersi, ciò in quanto il progresso tecnologico predispone, oggi, gli strumenti di verifica più idonei ad evitare insidie (49). Inoltre, qualora la situazione di pericolo si verifichi in una zona circoscritta all'interno del centro urbano (50), ciò esclude che il bene abbia un'estensione tale da non consentire un'adeguata vigilanza da parte della Pubblica Amministrazione, in considerazione dei più penetranti strumenti di controllo di cui è dotato un ente pubblico, che si avvale a tale scopo dell'ausilio dei corpi di Polizia Municipale e di altri organismi deputati al controllo del territorio: in tali casi, appare esigibile da parte dell'Amministrazione una solerte rimozione di quella potenziale situazione di pericolo, soprattutto quando essa fosse verosimilmente nota all'ente (51). Per fugare ogni dubbio sul fatto che le grandi dimensioni del demanio stradale comunale siano di ostacolo ad un controllo ed ad una manutenzione costanti, va sottolineato come la Corte di legittimità ha ritenuto applicabile l'art. 2051 c.c. persino alle autostrade, e ciò in considerazione che all'ente proprietario non è impedita "[...] la possibilità di svolgere un'adeguata attività di vigilanza, che sia in grado di impedire l'insorgere di cause di pericolo per gli utenti [...]" (52). Pertanto, non dipende dalla mera tipologia di strade la operatività o meno dell'art. 2051 C.c. anche a carico della P.A. Infatti, la regola generale trova applicazione anche con riguardo alle strade di enti pubblici non territoriali che, indipendentemente dalla proprietà, le gestiscono e quindi, a maggior ragione, alle strade dei privati aperte al pubblico transito (ad es. quelle dei consorzi industriali). 51 Nel senso dell'applicabilità all'Amministrazione del criterio d'imputazione di cui all'art. 2051 C.c., cfr. Cass. Civ. sez. L'applicazione dell'art. 2051 C.c. alla fattispecie di danni in commento consegue, altresì, dall'esame della legislazione speciale in materia di strade. In particolare: - l'art. 5, R.D. 15.11.1923 n. 2506 ("Disposizioni per la classificazione e manutenzione delle strade pubbliche") dispone: "Alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade di quarta classe provvedono i rispettivi comuni a totali proprie spese"; - per l'art. 1, lett. d), R.D. n. 2506/26 "Appartengono alla quarta classe: [...] le strade [...] che congiungono il maggior centro di un Comune con le sue frazioni, con la chiesa parrocchiale, col cimitero, con la prossima stazione ferroviaria, tramviaria, o con un porto marittimo, lacuale o fluviale; quelle che congiungono le principali frazioni di un Comune; quelle che sono nell'interno dei luoghi abitati e non costituiscono traverse di strade delle prime tre classi"; - l'art. 14, D.Lgs. 30.4.1992 n. 285 (Nuovo Codice della Strada), statuisce che "Gli enti proprietari delle strade53, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze; c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta".
L'esistenza di una normativa di dettaglio che prescrive pregnanti obblighi di manutenzione e custodia in capo all'ente proprietario (manutenzione, pulizia, controllo dell'efficienza e opera di posizionamento della segnaletica) postula, in caso di sinistro derivante da insidia stradale, l'applicazione della fattispecie ex art. 2051 C.c. (54). L'inosservanza di tutti i menzionati obblighi in capo alla P.A. (custode) trova la sua sanzione nell'art. 2051 C.c., la cui funzione consiste, in quest'ottica, nell'imputare la responsabilità esclusivamente a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa (custode e/o proprietario), onde scongiurare l'insorgenza di danni. L'attribuzione ex lege alla P.A. della proprietà di alcuni beni, tra i quali appunto le strade, implica il riconoscimento della custodia, rilevante ex art. 2051 C.c., all'unico soggetto astrattamente idoneo a consentirne l'uso e la gestione più adatti (55). interesse legittimo al corretto esercizio del potere discrezionale dell'ente medesimo. Pertanto il difetto di manutenzione assume rilievo, nei rapporti con i privati, unicamente allorché la pubblica amministrazione non abbia osservato le specifiche norme e le comuni regole di diligenza e prudenza poste a tutela dell'integrità personale e patrimoniale dei terzi [...]». Però, come detto, oltre al corretto assolvimento dell'obbligo di manutenzione della strade a carico della P.A., va anche attentamente valutata la condotta dell'utente della strada, essendo dal medesimo esigibile una particolare cautela ed accortezza nel muoversi sulla pubblica via, in modo da porre attenzione alla presenza di eventuali anomalie del manto stradale o della pavimentazione del marciapiede. Quando risulti che sul posto vi fosse un adeguato livello d'illuminazione artificiale e che la situazione di pericolo fosse agevolmente percepibile, può agevolmente pervenirsi alla conclusione che il danneggiato non avesse correttamente valutato la situazione. Va quindi positivamente accertata la compatibilità della responsabilità dell'ente pubblico proprietario di una strada per i danni subiti dall'utente a causa delle cattive condizioni di manutenzione della stessa, con l'accertamento di una condotta colposa a carico dell'utente (56). È dunque ipotizzabile una responsabilità esclusiva del danneggiato, nel caso in cui il difetto di attenzione e di cautela dello stesso abbia costituito un fattore talmente anomalo, da assumere efficacia interruttiva del nesso di causalità rispetto al difetto di manutenzione imputabile all'Amministrazione. In caso contrario, il fatto è ascrivibile alla concorrenza delle condotte della P.A. e dell'utente della strada, nella misura che deve essere valutata dal giudice nel caso concreto (57). Il ragionamento giuridico è il seguente: nel momento in cui si verifica un danno più alta era nel danneggiato l'aspettativa a che lo stesso non venisse causato dalla res, in ragione del fatto che il custode aveva l'obbligo di adoperarsi per evitare proprio che da "quella" cosa derivasse "quel" danno, più alto è il grado di certezza che lo stesso debba ascriversi proprio alla cosa e, pertanto, sul piano della responsabilità, al custode medesimo. Quanto appena detto appare tanto più vero se si considera che gli utenti delle pubbliche vie, destinate per loro natura alla circolazione - a piedi o su mezzi di trasporto - si attendono che le stesse siano costantemente oggetto di manutenzione, sì da evitare che siano fonti di danno alla loro integrità personale, o, anche, a beni di loro proprietà (si pensi, ai mezzi di trasporto58). Quanto detto ha dei riflessi sulla figura del caso fortuito, che secondo il nuovo orientamento giurisprudenziale si verifica prima che l'ente proprietario o gestore, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire un intervento tempestivo, potesse rimuovere o adeguatamente segnalare la straordinaria situazione di pericolo determinatasi, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere (59). Per rispondere al quesito con cui abbiamo iniziato il presente elaborato, il "[...] lasciare scoperto il tombino - anche se solo temporaneamente - senza adottare le opportune cautele comporta la violazione del ragionevole diritto del cittadino a confidare nell'assenza di rischio delle cose costituenti arredo urbano" (60). 5. CONCLUSIONI Da quanto finora esposto si può, dunque, affermare che sussiste la possibilità di poter ritenere configurabile una forma di responsabilità della P.A. in presenza di situazioni dannose coinvolgenti i diritti dei terzi, ascrivibile a beni la cui titolarità o custodia compete alla stessa Amministrazione. La P.A. ha, infatti, il dovere di vigilare su tutti i beni rientranti nel proprio patrimonio (61), in quanto laddove si intendesse esonerarla a priori da ogni responsabilità per non essersi utilmente attivata per scongiurare la possibile esistenza di situazione pregiudizievoli per i diritti dei terzi, si correrebbe il rischio di legittimare l'azione, ovvero, il mancato ed ingiustificato esercizio del potere-dovere di vigilanza e controllo a far sì che i beni demaniali siano comunque detenuti e mantenuti in esercizio tale da non poter costituire una fonte di pericolo per la collettività pubblica costituita da singoli utenti e cittadini. In tal maniera legittimando l'omissione di ogni opportuna verifica e controllo sulle circostanze e modalità di produzione di un determinato evento dannoso, confligente con il più elevato principio di tutela del danneggiato. A ciò si aggiunga, come corollario, che la P.A. si uniforma sempre a principi (si pensi all'art. 97 Costituzione), che impongono, nell'interesse generale, di utilizzare le risorse umane e finanziare in modo tale costruire, mantenere e gestire i beni pubblici di cui essa e la collettività abbisognano. Da ultimo, non va escluso che potrebbe anche esaminarsi la responsabilità del custode sotto l'aspetto penale nell'ambito del capoverso dell'art. 40 C.p. ove si stabilisce che "non impedire un evento,che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Distinti saluti
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